domenica 16 maggio 2010

Dresda e Lodi, crocevia di destini



  • Dal blog: Il Giardino delle Esperidi

    Il 10 maggio 1796 una colonna dell'armata francese, comandata da un giovane generale dal nome tipicamente italiano, Napoleone Bonaparte, sferrò l'attacco decisivo contro l'esercito austriaco arroccato a Lodi per respingere il contingente francese che il giorno prima aveva attraversato il Po a Piacenza, invadendo la Lombardia al di qua dell'Adda, allora sotto la dominazione austriaca. Era partito da Parigi sessanta giorni prima, l'11 marzo, appena due giorni dopo il matrimonio con Giuseppina Tascher, vedova Beauharnais, con un contingente di 38.000 uomini mal equipaggiati. La battaglia è storicamente nota come "battaglia al Ponte di Lodi". Nell'azione fulminea di quel giorno Napoleone rivelò in pieno le sue doti di grande stratega tattico. Mandando i suoi all'arrembaggio, i primi dei quali lanciati incontro a morte certa, non lasciò a Beaulieu il benchè minimo tempo per attendere i rinforzi sperati. Nonostante i 12 cannoni austriaci piazzati in difesa sul ponte, i francesi alla fine ebbero la meglio; grazie a coraggio, gagliardia e abnegazione, continuamente richiamati da Napoleone. Lasciarono però sul campo 350 morti. Gli austriaci, invece, dichiararono 153 morti e 1700 prigionieri in mano dei francesi. L'indomani l'Austria abbandonerà Milano. Quella sera del 10 maggio 1796 nasceva il mito di Napoleone, l'imperatore più potente d'Europa.
    Come scrisse egli stesso anni dopo "Fu solo alla sera di Lodi, che cominciai a ritenermi un uomo superiore e che nutrii l'ambizione di attuare grandi cose che fino a quel momento avevano trovato posto nella mia mente solo come un sogno fantastico".


    Ancor oggi i francesi attribuiscono grande importanza alla Battaglia del Ponte di Lodi , tanto che in numerosi loro comuni vi sono vie o piazze ad essa dedicate; è il caso della "rue du Pont de Lodi nel VI arrondissement di Parigi "; è anche forse il toponimo più diffuso in Francia.


    La meta era Milano, da dove, subito dopo la battaglia, era partita una delegazione per andare incontro al generale Bonaparte. Era capeggiata da Francesco Melzi d'Eril, cognato di Pietro Verri; ma è facile supporre che a capo di quella delegazione avrebbe voluto esserci lui, Pietro Verri, che però all'epoca era già un attempato sessantottenne, padre di sette figlie e marito di Vincenza, sorella del capo delegazione.

    Pietro Verri aveva combattuto a Dresda, per breve tempo, nel corso della Guerra dei sette anni. Si era arruolato volontario per sfuggire al destino che suo padre, il giureconsulto Gabriele Verri, aveva già deciso per lui; secondo i costumi del tempo, lo voleva magistrato come lui, e sposato con chi aveva scelto lui. Tornato a Milano, dopo la successiva parentesi viennese, i fratelli Pietro e Alessandro Verri avevano fondato l'Accademia dei Pugni per dibattere e approfondire di filosofia, economia e politica.

    Erano passati 30 anni, da quel maggio 1766, quando i sette della Società dei Pugni avevano deciso di por fine alla loro esaltante esperienza, e di cessare le pubblicazioni della loro rivista filosofico letteraria, Il Caffè. La pubblicazione era rimasta in vita solamente poco più di due anni: la gente non era allora ancora pronta per recepire le idee "rivoluzionarie" di "quei sette che ragionavano di filosofia, menandosi di pugni alla fine di quasi ogni riunione".

    Ma dopo trent'anni, qualcosa di quei concetti era stato assimilato dalla gente; la marcia trionfale di Napoleone verso Milano non sarebbe stata tale senza la scossa che quelle idee avevano comunque prodotto.

    Anche se la vera svolta che tutti si aspettavano da Napoleone non fu poi quella attesa (ordini religiosi soppressi, chiese spogliate, opere d'arte mandate in Francia e, in parte, ancor oggi non ancora restituite (*)...), Milano iniziò, nel bene e nel male, una rivoluzione urbanistica, tuttora in corso, che l'ha portata ad essere una delle metropoli più attraenti del mondo. Giova anche ricordare che Milano, sotto Napoleone, era tornata ad essere, dopo 14 secoli (vedere: Milano in età Romana) , la capitale di un forte regno unitario, il Regno d'Italia (1805-1814) che comprendeva regioni e province del nord est e del centro nord.

    Altra città fatale per Napoleone, e in tal caso quindi doppiamente fatale, è stata Dresda.

    In positivo:

    perchè Pietro Verri il suo "spianatore verso Milano", nel 1759, nel corso della Guerra dei Sette Anni, durante la quale, arruolatosi volontario col ruolo di ufficiale nello stato maggiore del generale Daun, aveva conosciuto il britannico Henry Lloyd, un avventuriero che comunque gli aveva instillato i germi per la passione agli studi economici, che poi Verri estese a quelli politici, durante il suo successivo breve soggiorno a Vienna;


    in negativo:

    per la battaglia che aveva segnato il destino finale di Napoleone.

    Nel post Vedute sono menzionate le quattro distruzioni subite da Dresda, città martire.

    Tra la guerra dei Sette Anni e la seconda guerra mondiale, che avevano entrambe raso al suolo la città, è da annoverare anche una vittoria di Pirro di Napoleone, conseguita nei dintorni della città. Nel 1813 un suo avanposto, al comando del generale Vandamme sconfisse la coalizione austro-russo-prussiana, ma la sua fu una vittoria effimera. La troppa fretta di avanzare, all'inseguimento dei nemici, gli fece commettere errori di valutazione nella consistenza della loro vera forza. Dopo tre giorni d'inseguimento questi ebbero la meglio nella Battaglia di Kulm. Un mese e mezzo più tardi, Napoleone fu sconfitto a Lipsia. Era il 19 ottobre 1813, iniziava il tramonto del mito napoleonico.

    Parafrasando il Poeta "fu vera gloria?..." anche in considerazione del fatto che se Lodi, che gli aveva subito tributato un monumento (anche se da Napoleone stesso fatto erigere), lo distrusse nel 1814? Dal sito ufficiale Città di Lodi, si legge infatti: "...In fondo al corridoio, cortiletto con lapidi, sculture, iscrizioni funerarie dell'antico cimitero ebraico, frammenti del monumento a Napoleone, già in piazza Maggiore (**), abbattuto nel 1814,
    probabilmente dopo appresa la notizia dell'esilio di Napoleone all'Elba (ndr).

    (**) ora Piazza della Vittoria, dal 1924.
    E' lecito supporre che il nuovo nome le sia stato attribuito per la vittoria dell'Italia nella prima guerra mondiale. ma sarebbe altrettanto motivo d'orgoglio, e non di nascondimento per i lodigiani, sapere e ricordare che il mito napoleonico, nel bene e nel male, è nato nella loro città. Io stesso sono stato frequentatore innamorato della loro città, e mi sarebbe bello sapere che Lodi ridedichi un monumento degno di tale nome a una tale grande personalità che, nel bene e nel male, ha tracciato pagine eterne di storia.
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    Questo l'itinerario suggerito dal sito Città di Lodi, per raggiungere il Ponte: "Si prende via Indipendenza a sinistra e si giunge a piazza Barzaghi nei pressi dell'attuale ponte sull'Adda (1864). Di fronte alla chiesa di S. Rocco, c'è la lapide commemorativa della battaglia qui combattuta e vinta da Napoleone contro gli austriaci (10 maggio 1796). Il ponte antico in legno fu distrutto nel 1859.
    (dal Sito ufficiale Città di Lodi: Itinerario turistico della città )
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    (*) Nota: Sulle opere d'arte trafugate dai francesi di Napoleone, trasportate in Francia, e non ancora restituite ai legittimi proprietari, dopo 200 anni, invito gli esperti d'arte di questo blog a scriverne un post dedicato.
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    Sopra, dall'alto in basso:
    - Il Ponte sull'Adda a Lodi, da Wikipedia.org
    - targa commemorativa "10 maggio 1796": foto dell'autore
    - Pietro Verri a Brera, foto di Innocenzo Fraccaroli
    - Napoleone Bonaparte attraversa le Alpi, dipinto di Jaques-Louis David, da Wikipedia:
    - Battaglia del Ponte di Lodi - dipinto di Giuseppe Pietro Bagetti (da Wikipedia)