sabato 16 ottobre 2010

IL CONTE DI FUENTES

Dal blog di Marshall

Da "Le fortificazioni del lago di Como
"Casa Editrice Pietro Cairoli - Como 1971
Libro di grande valore storico, assolutamente irreperibile e introvabile.Le pagine qui trascritte integralmente, fanno parte del capitolo relativo al saggio di Pier Amedeo Baldrati
"LA FORTIFICAZIONE SPAGNOLA NELL' ALTO LARIO"


IL CONTE DI FUENTES


    Sin dalla lontana epoca degli studi la figura e le opere di questo altoufficiale spagnolo ci affascinarono nelle narrazioni e nelle letture. Chi ce ne parlava, e così gli autori dei testi, pur non facendo astrazione dalla generica condanna storica globale del governo spagnolo in Italia, non era alieno dal riconoscere a quest’uomo un modo di sentire e di agire intelligente che lo distingueva, elevandolo, tra i suoi connazionali.
   La critica storica in genere riconosceva al Fuentes una certa stima per le sue opere in Lombardia.
    Più tardi le piccole faville di interesse accese sui banchi scolastici a poco a poco alimentarono il fuoco della ricerca e ci accorgemmo che la figura del Fuentes acquistava rilievo ed importanza e che i suoi tratti caratteristici ad un certo punto si allontanavano sempre più dal clichè che usasi attribuire ai militari di carriera, per assumere i contorni netti dell’uomo di Stato e del diplomatico di alto livello.
   Abbiamo voluto indagare a fondo su quest’Uomo spingendo la ricerca non solamente allo specifico campo delle armi (vedere allegato 1 al relativo capitolo del libro), ma approfondendola in quello governatoriale, a quelle branche che un diffuso modo di pensare, anche attuale, ritiene non congeniali“a’ militari”.
     Ci riferiamo all’operato del Conte di Fuentes nel suo decennio di Governatorato per quanto attiene i campi amministrativo, giudiziario, edificatorio (vedere allegato 2 al capitolo del libro). Per quanto parimenti cospicua, esula dai limiti dell’argomento l’attività diplomatica che abbiamo preso in esame e la citeremo sol per quel che concerne i Grigioni, anche perché la materia è stata diffusamente trattata da altri ricercatori attenti e precisi che hanno finito per attribuire al Fuentes quello che oggi si direbbe “il massimo del punteggio e la lode”.
     In ciò si concorda a distanza di secoli in quanto la Diplomazia Veneta, sempre attenta, efficiente e precisa, definisce il Fuentes all’atto del suo arrivo a Milano “Il più grand’uomo che abbia la Spagna”.
    Il Conte giunse quindi nelle nostre terre al termine di una brillante carriera militare, durante la quale aveva tenuto il comando di importanti scacchieri operativi in modo egregio. Il suo fine sentire diplomatico era già emerso durante la Campagna delle Fiandre e lo aveva fatto, agli occhi del Re di Spagna, l’ideale successore in Lombardia del non brillante Conestabile di Castiglia.


     I suoi primi atti in Italia dimostrarono come la scelta del Re fosse felice, il non impegno a sostegno del Duca di Savoia e gli ottimi rapporti con il cardinale Borromeo sono sottilmente intelligenti e gli permettono un tranquillo periodo di conoscenza e di assestamento nel nuovo incarico. Ciò gli consente di impadronirsi appieno della pur vasta materia governatoriale di indole interna e di regolamentarla, ma - quel che più conta - di instaurare la potestà di imperio nel territorio amministrato. Il Fuentes seppe appianare con molto tatto il caso della Monaca di Monza che avrebbe potuto danneggiare non poco i militari spagnoli.
    Nei confronti dei Grigioni la sua politica fu caratterizzata dal desiderio di togliere loro il dominio sulla Valtellina e la Valchiavenna acquisendo alla Corona di Spagna questi due territori dove, tra l’altro, era stata introdotta la Riforma protestante. Nella sua cocciuta, continua ed abile azione contro le “Tre Leghe Grigie” crediamo scorgere anche il classico sciovinismo del cattolico spagnolo.
     Conveniamo però con tutti gli autori precedenti che al Fuentes si deve l’italianità delle due Valli ed alle sue opere fortificate (in massime al Forte con il suo nome) il mancato ingrandimento del dominio svizzero in Italia.
    Verità vuole che al Conte fossero mosse accuse di indole amministrativa e che i coevi non concordino sulla bontà della sua politica; con altrettanta verità dobbiamo però annotare che alla moderna critica storica queste accuse non hanno retto. 
    Buon per l’Italia che “Il Re comandi a Madrid ed io a Milano” (come soleva dire il Conte): se così non fosse stato, i cippi confinanti sarebbero oggigiorno ben più a sud degli attuali.
     Il Conte di Fuentes, all’inizio del suo governo, trovò una situazione non lieta alla frontiera nord dello Stato. Gli accordi in via di perfezionamento tra i Grigioni e la Francia soffocavano la Lombardia, prevedendo il passaggio di truppe francesi dirette in Valtellina. Per ben tre anni con oro, blandizie e ambascerie il Fuentes tentò impedire ciò che paventava come esiziale ai domini del suo Re; ma quando a Coira oltreché con il Re di Francia si credette bene siglare un’alleanza anche con la Repubblica di San Marco (il cui confine non dimentichiamolo era sull’Adda) ruppe gli indugi e, inviata una violenta lettera a Grigioni, proclamò il blocco dei commerci e decise di erigere una fortezza al confine.
    Egli ben sapeva quanta ombra dessero ai Grigioni le fortificazioni permanenti in vicinanza dei confini in quanto non doveva essergli ignoto il loro costante impegno dispiegato contro la rocca del Medeghino a Musso. A questo punto si muove tutto l’apparato statale spagnolo con una rapidità che ci stupisce. Il che sta a dimostrare gli ottimi risultati raggiunti dal Fuentes in tutti i settori dell’amministrazione, non esclusi le comunicazioni ed i trasporti. Nell’esame delle circostanze successive teniamo ben presente che la lettera ai Grigioni è datata 13 settembre 1603.

AVVENIMENTI DEL SECOLO XVII

    Il 17 successivo il Residente Veneto a Milano dava urgente avviso al suo Governo delle intenzioni del Conte.
     Il 24 settembre giungevano in Alto Lario tre compagnie spagnole al comando del Capitano Cristobal Leuchuga sotto colore di eseguire ricognizioni per la progettata costruzione di una strada al Passo di Sant’Jorio. In realtà le ricognizioni si svolsero sulla collina del Monteggiolo sotto la direzione dell’ ingegnere militare Gabrio Busca. Il Fuentes ne dava avviso a Madrid il 10 ottobre mettendo il sovrano così davanti al fatto compiuto. I Grigioni dal canto loro ben capirono a cosa tendesse il Fuentes; infatti il 13 ottobre il Governatore della Valtellina, Sonnwig, informava Coira dell’arrivo delle truppe spagnole e dell’imminenza dell’erezione della fortezza, tanto più che si aveva notizia dell’ordine impartito dal Governatore di Como circa il caricamento di tutte le fornaci da calce del Lario da accendere solo su ordine.
     Il 20 ottobre a Milano il Conte, evidentemente disponendo dei risultati delle ricognizioni, convocati quattro membri del Consiglio Segreto ed uditi il Lechuga ed il Busca, impartiva l’ordine esecutivo per la costruzione della fortezza. Di tale riunione la occhiuta diplomazia veneta dava immediato avviso alla Serenissima. Non meno attiva quella ecclesiastica informava il Vaticano da Como non appena il Governatore ordinò l’accensione dei fuochi alle fornaci. A questo punto è utile citare come l’idea di erigere una fortezza, in quel luogo e per quegli scopi, fosse stata adombrata, in un promemoria consegnato al Vaticano, da un fuoruscito Grigione, Broccardo Borroni, che parecchi autori indicano erroneamente quale progettista del forte.
     Il 23 ottobre il Governatore di Como riceveva l’ordine esecutivo per l’inizio dei lavori, nel frattempo però sulla collina di Monteggiolo erano giunti l’Ingegner Busca, sette Compagnie di fanteria, due Compagnie di Guastatori, tre pezzi di artiglieria. I lavori dovevano essere protetti da palizzate provvisorie e da fascine. Anche questo non sfuggì al Residente Veneto che ne fece oggetto di rapporto dettagliato al suo Governo.
     Il 24 ottobre il Governatore di Como avviava ai lavori un cospicuo carico di zappe, badili e attrezzi, nonché un rinforzo di cinquecento uomini. Il 25 ottobre sulla collina di Monteggiolo venivano effettuati i primi lavori di tracciamento, livellamento e sbancamento. Il 27 ottobre si procedeva allo scavo delle fondazioni: la forza militare presente assommava a milleduecento uomini. Rispetto alla universalmente accettata concezione di lentezza amministrativa iberica si deve convenire che, nel caso in oggetto, si verificò una lodevole eccezione dovuta sia agli ordini del Fuentes sia all’efficienza dei sottoposti militari e civili. L’organizzazione di un grande cantiere, messa in essere in appena sette giorni, considerati i tempi è un esempio di rimarchevole celerità. Che si trattasse di estrema urgenza è dimostrato dall’atto ufficiale di presa di possesso dei terreni (di proprietà della Mensa episcopale di Como) avvenuto solo il 27 ottobre a lavori già iniziati. Siamo comunque a trentaquattro giorni dall’ordine esecutivo.
    Subito ebbero inizio le lamentazioni grigione in nome di antichi diritti, sanciti da trattati, ma il Fuentes le respinse traendo motivo (validissimo) dalle recenti alleanze e blandendo gli ambasciatori grigioni col dire loro che “una volta tornata la buona armonia reciproca la fortezza avrebbe servito alla comune difesa (sic)”.
    Il 28 ottobre venne posta la prima pietra, presente il Governatore di Como in rappresentanza del Fuentes. Il 31 ottobre trincee e palizzate per la difesa vicina erano già rizzate ed all’interno di esse si vedevano i baluardi in costruzione. La forza presente era frattanto salita a otto Compagnie di Fanteria, duemila Guastatori e venti pezzi di artiglieria. Comandante il complesso lavoro-difesa il Governatore di Como, marchese Pallavicino.
      Il 1° novembre la costruzione assumeva ufficialmente il nome di “Forte Fuentes” che tuttora conserva. Il 24 novembre il Governatore di Como informava il Fuentes dell’andamento dei lavori, suggerendo che era tempo di dare ordini per una guarnigione stabile e per il relativo supporto logistico. Il lavoro era ininterrotto, si procedeva per turni anc he di notte alla luce di fascine ardenti le cui fiamme dovevano apparire ben sinistre ai trecento soldati grigioni stazionati a ridosso del confine. I Grigioni frattanto non avevano smesso di intercedere presso il Fuentes per ottenere soddisfazione. Accortamente e per renderli più malleabili il Conte dava ordine di sospendere i lavori il 20 dicembre, data piuttosto comoda considerata la stagione.
   Il marchese Pallavicino informava Milano che alla data del 6 gennaio 1604 non restavano al Forte che quaranta uomini. In sostanza il Fuentes cercava di ottenere il distacco dei Grigioni dalla Francia e da Venezia per indebolirne le forze e togliere loro la Valtellina; ma quando si rese conto delle pressioni francesi e venete sul Governo di Coira ne diede avviso il 17 febbraio a Madrid, che il successivo 8 aprile gli rispose di ultimare la costruzione del Forte (lettera Sovrana da Valladolid dell’8 aprile 1604). Con la consueta rapidità l’ 11 aprile giungevano al Forte per via d’acqua uomini, attrezzi, vettovaglie e otto pezzi di artiglieria. Il 3 maggio 1604 entrava nel Forte il secondo Comandante che, ricevute le consegne dal capitano Lechuga, accelerò i lavori attivando altre otto fornaci da calce in quel di Rezzonico e pubblicò i bandi di blocco al confine grigione. Il 6 maggio 1604 il Conte di Fuentes inviava al Re Filippo III una dettagliata relazione sul Forte unendovi piante e piani di fuoco e chiedendo altro denaro. Sentito il Consiglio di Stato, il Sovrano ordinava l’11 giugno successivo l’ ultimazione dei lavori promettendo l’invio di 200.000 scudi. Il Conte di Fuentes vide una sola volta il Forte. Ormai settantacinquenne egli si partì da Milano su un cavallo d’ordinanza avendo seco quello che oggi si direbbe un Comando Tattico ed una Casa Civile, oltre naturalmente alla scorta composta dalla prediletta Cavalleria Leggera e da Archibugieri. Il 1° novembre 1604 giunse a Como, dove espresse il suo malcontento circa lo stato delle truppe ivi stanziate perché trovate alla rassegna scarse di cavalleggeri. Per via d’acqua proseguì per Bellagio giungendo il 3 novembre a Gravedona da dove, in barca e con sole tre persone al seguito, pervenne al Forte la sera.
     Questo sistema di ispezioni-lampo lumeggia i tratti etico-professionali caratterizzanti il vecchio ed esperto ufficiale, ed accresce la nostra simpatia per la sua memoria. Per la notte egli, rappresentante del Re di Spagna, non chiese che un letto da soldato e dormì in una casamatta ricusando un alloggio migliore. Il giorno successivo visitò minutamente il Forte che trovò in ordine, e se ne compiacque con il comandante, si recò poi alla foce Mera, alla bocca d’Adda (5 novembre) a San Fedelino e lasciò intendere d’aver in animo l’erezione di altra fortezza di fronte a Chiavenna. Dopo aver pernottato a Gravedona, il 6 novembre il Conte si trasferiva per via d’acqua a Soncino, lasciando ordini per la costruzione di una strada sulla sponda occidentale del lago di Como. Per inciso diremo che la visita a Soncino aveva per oggetto la costruzione di quella fortezza. Per tutto l’anno e nel successivo 1605 i Grigioni si barcamenarono tra la Francia, Venezia e la Spagna sinchè il Fuentes ruppe bruscamente i negoziati. Ma ormai la fortezza era completata.     Nel 1608 il Fuentes ordinava la costruzione di un’opera accessoria ed il completamento dei quartieri all’interno del Forte. Con ciò veniva distrutta l’ antica Torre di Olonio, i cui materiali furono impiegati per erigere il Fortino d’Adda. La fortezza, con il suo sistema contiguo, era ormai una realtà efficiente e ben poteva disimpegnare i suoi compiti. E’ il caso di esaminare, sia pure brevemente, il Forte nel dettaglio.    
Le condizioni attuali sono definibili “ruine” (n.d.r. questo saggio è stato scritto per un convegno nel maggio 1970) e tali risultano nella cartografia di guerra angloamericana dell’ultimo conflitto. Con l’aiuto però di descrizioni antiche cercheremo di dare un’idea di quel che furono le costruzioni del Forte. Costruzione bastionata con muraglioni continui (può darsi merlati) in pietra di estrazione locale. Legamento in malta di calce e sabbia fluviale che a causa del pietrame usato appare piuttosto grasso e ancor oggi ben resistente. Pianta generale grossomodo trapezoidale con la base più lunga parallela all’attuale sede ferroviaria. I bastioni seguono l’andamento del terreno con speroni sui dorsi e cortine nelle incisioni. Sulle testate due tenaglie: quella a sud più ampia con porta e ponte elevatoio e due corpi di guardia, quella a nord chiusa ma dotata di sortita. Contromuri esterni bastionati sulla testata nord e lungo la base minore del trapezio nonché su una porzione del tratto nord- ovest.
Accessi:
- sentiero dall’attuale sede ferroviaria;
- passo carraio dalle case di Monteggiolo.
Rifornimento idrico: cisterne a sezione tonda e rivestimento in malta in numero di cinque, scavo (presumibilmente tentando di raggiungere l’acqua a livello del Piano) molto profondo e non rivestito presso la cannoniera moderna.
I quartieri avevano andamento longitudinale e comprendevano caserme, magazzini, ospedale, chiesa, molino e forno. Grande cortile tra i quartieri, sotto al quale esistono vasti sotterranei. Le casematte più robuste sono verso la tenaglia nord ed il particolare andamento di alcuni bastioni interni (fronte al cortile principale) fa pensare che proprio la parte nord del Forte fosse da considerarsi la Rocca per un’estrema resistenza. Dimensioni complessive: m. 370 x 125. Il cimitero sorgeva all’esterno nella porzione meridionale del lato nord-ovest. Osservazione: torrette tonde verso ovest e verso sud. Armamento di Artiglierie: cannoni da 15 cm. Cannoni da 10 cm.; cannoncini da 6 cm.; mortaio da 20 cm.; mortaietti da salva da 10 cm.
Opere accessorie:
- Torre di Sorico: osservazione e sbarramento sulle provenienze dalla Berlinghera e da San Fidelino;
- Torretta del Passo: sbarramento e controllo terrestre ed acqueo sul Piano e sul Mera;
- Fortino d’Adda: osservazione e sbarramento come sopra (posto scoglio);
- Torrino di Borgofrancone: osservazione e blocco di via d’acqua;
- Torretta di Curcio: osservazione e sbarramento della provenienza dalla Valtellina (posto-scoglio);
- Torre di Fontanedo: barramento delle eventuali infiltrazioni a mezza costa sulle pendici del Legnone, protezione della sede dell’autorità civile di Colico, osservazione su tutto il piano (è il punto più alto del sistema).
     Unica gravissima carenza era la mancanza d’acqua (eccettuate le opere accessorie di Sorico, Passo, Curcio e Fontanedo) specie nel Forte. Il cattivo stato delle cisterne (male cronico) , il dover rifornirsi d’acqua alle falde del Legnone ed infine terribile la malaria imperversante ovunque falcidiò sempre comandanti e gregari.
      L’impiego bellico del Forte e del suo sistema ebbe inizio in concomitanza alla Rivoluzione Valtellinese del luglio 1620, quando milizie grigione di passaggio nei pressi di Dubino furono cannoneggiate, e successivamente si estrinsecò con il fornire sei pezzi da campagna e relativi armamenti alla spedizione a sostegno dei Valtellinesi. Sino alla fine della Campagna il Forte fornì base di transito e sostegno logistico al Corpo di Spedizione spagnolo. Nel 1622 furono alloggiati nel forte dei prigionieri di guerra. Tutto il restante periodo sino alla fine del XVII secolo fu contrassegnato dal gravoso servizio della guarnigione falcidiata dalla malaria. La situazione idrica e sanitaria si fece grave nel 1675 ed una ispezione venne inviata da Milano. Essa concluse che era necessaria una revisione delle cisterne e consigliò l’acquisto di un carro botte per l’acqua di montagna proveniente da Curcio. La carenza d’acqua, come vedremo, provocherà trecento anni più tardi la resa di altro forte vicino.